Donne e Numeri - Le sconosciute Signore della Matematica
di Luciana Sica
(La Repubblica 13 ottobre 2000)

Se una Luisa Muraro o un'Adriana Cavarero pubblica un pamphlet contro le più sottili discriminazioni che ancora colpiscono le donne, può far piacere (o dispiacere) ma certo non meraviglia più di tanto. C'è d'aspettarselo dalle sofisticate teoriche del pensiero della differenza, non farebbero che il loro mestiere. Se invece sullo stesso tema a scriverne è un accademico, e non uno qualsiasi, ma un professore di Logica matematica che insegna a Torino e si chiama Gabriele Lolli, allora sì che la faccenda si fa più curiosa, più intrigante. Viene intanto voglia di capire perché a un uomo di valore e di successo stia tanto a cuore il destino delle donne, in questo caso poi di signore un po' particolari, con inclinazioni almeno all'apparenza piuttosto stravaganti: il destino delle sue stesse colleghe. E' di Gabriele Lolli La crisalide e la farfalla, sottotitolo "Donne e matematica", un saggetto rigoroso e brillante uscito da Bollati Boringhieri (pagg. 130, lire 18.000). Quest'autore sembra avere il tic di scrivere libri un po' bizzarri: già un paio di anni fa ci aveva deliziato con Il riso di Talete, una silloge di storie umoristiche, paradossi, aneddoti divertenti legati al mondo dei matematici, personaggi che risultavano da barzelletta non meno degli italici carabinieri. Ora di quell'universo chiuso e geniale, forse solo un po' robotico, lontano come appare dalle emozioni quotidiane di tutti noi, svela denuncia, ma sempre con una certa ilare leggerezza la profonda e radicata misoginia. Fino alla seconda metà del Novecento, pochissime donne hanno avuto accesso al sapere matematico, e a quell'ambiente saranno state non solo estranee, ma irriducibilmente straniere: figure del tutto anomale rispetto ai cliché del genere sessuale di appartenenza, analizzate come strani insetti da severissimi entomologi, spesso oggetto di derisione e sempre d'implacabile sottovalutazione. Mettiamo il caso piuttosto recente di Julia Robinson: nessuno sapeva chi fosse quando nel 1976 giunse notizia a Berkeley della sua nomina a membro della prestigiosa National Academy of Science. Frequentava il dipartimento quasi da clandestina, come moglie del professor Robinson. Alle spalle ci ricorda Lolli non abbiamo solo il secolo breve degli orrori, ma anche un secolo lungo di grande emancipazione che durerà nel prossimo millennio. Le donne almeno quelle del primo mondo ne sono state protagoniste indiscusse, anche negli ambienti delle scienze "dure", quelle maschili per eccellenza. E questo librino, per niente pretenzioso, tende a sfatare un luogo comune radicato nella cl, secondo cui le donne non sarebbero inclini al pensiero astratto. Bella e generosa impresa, da parte di un logico matematico, ma la sensazione è che comunque ci vorranno ancora molte generazioni (di donne) perché questo giudizio risulti davvero infondato. Non è così, professore? E' una sensazione sbagliata, forse troppo pessimistica? "Sarà anche realistica, ma oggi è la stessa scienza a negare certi pregiudizi... L'idea che le donne non siano inclini al pensiero astratto risale, per quel che riguarda i tempi moderni, alla fine dell'Ottocento, quando in base ad alcune misure inconcludenti sulle dimensioni e la densità del cervello delle scimmie si innestavano teorizzazioni selvagge su una minore capacità analitica e di astrazione delle donne". Oggi c'è ancora chi difende certi argomenti? "Sul piano scientifico, direi di no. Basta leggere un libro molto istruttivo come Il pallino della matematica di Stanislas Dehaene, uscito quest'anno da Mondadori. Riporta le ultime ricerche sulla neurofisiologia del cervello per quel che riguarda in particolare il pensiero matematico. In una parola, non c'è nessuna differenza. Anche la storia dei due emisferi cerebrali è un mito, quello che vorrebbe più maschile quello sinistro per le attività logico linguistiche e più femminile quello destro per la visione spaziale e intuitiva. Lavorano tutti e due nello stesso modo nei due sessi. Il resto sono sciocchezze...". Le donne di genio presentano caratteri maschili: sarà pure una sciocchezza, ma c'è da scommettere che la gente la pensa proprio così... "Cosa vuole che le dica? Non si potrebbe piuttosto osservare che gli uomini geniali hanno caratteri poco maschili? L'idea della virago è proprio un residuo tardo ottocentesco, quando si pensava con Gino Loria, il geometra italiano noto per i suoi lavori di storia della matematica che "soltanto in forza di variazioni patologiche la donna può acquistare qualità diverse da quelle che la rendono amante e madre"... La realtà è tutta diversa: tra le donne matematiche ci sono madri di sei figli e zitelle, donne "mascoline" e donne "femminili" e bellissime. Non faccio nomi di colleghe italiane, ma tra quelle che cito nel libro la Kovalevskaja è un esempio tra i più vistosi". Lei avverte subito, sin dalle prime righe, che la sua vuole essere "una riflessione su quello che si è perduto con l'esclusione dalla matematica dell'altra metà del cielo". Incuriosisce il punto di vista maschile: in fondo cosa avete da guadagnare, voi matematici, avendo a fianco delle donne? "Le femministe dicono che le donne sono portatrici di valori necessari per la costruzione di una personalità più equilibrata, e nella matematica, che è davvero assorbente anche se non al punto da richiedere il ritiro dal mondo, lavoro e costruzione della propria personalità sono strettamente legati. Ad esempio potrebbe aumentare, o così promettono le donne, l'attenzione all'utilità sociale di quello che si fa, invece di perseguire soltanto la priorità nella soluzione di problemi affrontati solo per la loro difficoltà tecnica. Bisogna però fare attenzione a non usare stereotipi, il soft contrapposto all'hard, che sono tra quelli da contestare. Limitiamoci a dire che se si realizzerà un ambiente di lavoro paritario la vita sarà in fondo più piacevole. I colleghi maschi sono in genere immotivatamente presuntuosi e antipatici". C'era da sospettarlo, ma se lo dice lei... Con l'esclusione delle donne, si perde anche in qualità? "Non tanto nel senso di qualità dei risultati, quanto d'immagine complessiva della disciplina e dei suoi cultori. Questo è il tema sotterraneo costante di ogni aspetto della discussione sull'argomento: l'immagine della matematica è quella di un fatto duro, maschile, nel senso di riservato a chi non ha altri impegni mondani, a cui badano invece le donne, e per questo diventa addirittura sovrumano, divino... Le implicazioni negative di quest'immagine sono molteplici. In filosofia, ad esempio, la matematica è stata assunta come modello di verità assoluta, un impegno non lusinghiero per i non pochi fraintendimenti che continua a causare. Se il divino è collegato alla pazzia, non stupisce che i matematici siano stati e siano descritti come disadattati se non proprio psicotici...". Ma sono gli stessi matematici non è lei a scriverlo? ad aver coltivato un'immagine eroica di sé, il mito del cavaliere solitario, dell'anticonformista trasandato, anzi vestito malissimo, senza cure mondane, mai un pensiero a una donna, a un figlio, meglio ancora se del tutto privo di una famiglia... E' una descrizione attendibile, e magari di cui vantarsi? "Se lo si dice a una donna non è certo un complimento... per la verità, nessuna persona normale lo prenderebbe come un complimento. C'è però da dire che presso il grande pubblico diventano famosi personaggi un po' strani; in Italia sono state recentemente tradotte biografie di Paul Erdös, che non ha mai avuto una casa, viveva spostandosi per il mondo ospitato dai colleghi, o anche di John Nash, entrato e uscito dal manicomio. Ma tra i matematici c'è di tutto. Per esempio John von Neumann era un eccezionale manager, come ha dimostrato con la costruzione del primo calcolatore e l'organizzazione di Los Alamos".